Bologna, Città della Conoscenza con il Tecnopolo DAMA (abbreviazione di Dati e Manifattura) e le capacità di calcolo ieri impensabili? Sì, a patto che ai giovani, per primi, non si prospetti il ruolo di addetti alla sorveglianza delle macchine intelligenti.
La città dovrebbe sedurre i giovani con l’arte della conversazione. Voltaire condannava l’inconcludente frastuono parolaio che in Babilonia, oggi da noi, passava per conversazione e Giacomo Leopardi osservava che nella conversazione all’italiana <<tutti sono armati e combattono contro ciascuno. Così le conversazioni d’Italia sono un ginnasio dove colle offensioni delle parole e dei modi s’impara, per una parte, e si riceve dall’altra, a far male ai suoi simili coi fatti. Nel che è riposto l’esizio e l’infelicità sociale e nazionale>>. Ecco perché è salutare un tuffo nella Bologna del Seicento, quando nella sua dimora Cristina Dudley Paleotti, figlia dei duchi di Northumberland e dei conti di Warwick che si trasferì a Bologna, tra il 1650 e il 1719 a seguito del matrimonio col marchese Paleotti, organizzava erudite conversazioni anticipatrici dei salotti intellettuali del Settecento. A riguardo, segnaliamo il saggio della professoressa Lucia Toschi Traversi: “Contro la diffamazione di Cristina Dudley Paleotti”, Pendragon Edizioni.
Sul come conversare, volgiamo l’attenzione al ‘nation builder’ Benjamin Franklin. Innescare la conversazione per cambiare insieme. Questo era il suo proponimento perseguito tenendo presente che “Gli obiettivi principali della conversazione verso cui tendere sono l’informare e il venir informato, il dar parere o il persuadere, adottando il metodo socratico dell’umile investigare e dubitare”.
Conversando si generano conflitti cognitivi che sono costruttivi.
Nel 1727, in giovane età, Franklin formò un gruppo di discussione, lo Junto Club, che perseguiva gli ideali di conoscenza e libertà che contraddistinguevano i più celebri salotti parigini di quel tempo. L’apprendere conversando coinvolgeva una dozzina di amici che s’incontravano il venerdì sera. Sullo spirito del team e gli obiettivi condivisi di reciproca collaborazione, così scriveva Franklin:
“Le regole da me stese richiedevano che ogni membro alternativamente proponesse un quesito o due su qualunque argomento di Morale, Politica o Filosofia Naturale, per venire discusso in seno alla compagnia, e ogni tre mesi presentasse e leggesse uno studio suo proprio su un soggetto di sua scelta. I nostri dibattiti dovevano svolgersi sotto la direzione di un Presidente ed essere animati da un sincero desiderio di ricerca della verità senza spirito litigioso o ambizione di vittoria. E perché non ci si scaldasse troppo, ogni espressione troppo assoluta di opinioni o contraddizioni dirette venne dopo qualche tempo messa al bando e punita con piccole multe.”
Capita di dover costruire il futuro andando al passato. Vorremmo che accadesse di vedere DAMA impegnata ad esplorare la possibilità del viaggio nel tempo, un ritorno al passato praticando l‘arte della conversazione intesa come cultura dell’immaginazione, esplorazione, sperimentazione e creazione, in un equilibrio dinamico tra introspezione e apertura mentale, che tocca le corde più sensibili dell’inventiva umana proiettata verso eventi futuri.
Salotti di conversazione di siffatta natura sono assenti a Bologna.