La Pin-Up di marzo
Con il termine di pin-up (termine traducibile con “da appendere”) si indicano generalmente le ragazze – solitamente procaci, ammiccanti e sorridenti – fotografate in abiti succinti le cui immagini, durante la Prima Guerra Mondiale, iniziarono a diffondersi su molte riviste settimanali degli Stati Uniti d’America, per iniziativa del presidente Thomas Woodrow Wilson il quale aveva istituito la Division of Pictorial Publicity, con lo scopo di ideare stimoli visivi per convincere gli uomini ad arruolarsi.
Questo fenomeno attirò in maniera sempre maggiore l’attenzione soprattutto dei lettori uomini, e in particolare registrò un incredibile successo fra i soldati impegnati al fronte, che usavano appendere le Fotografie di queste ragazze nei loro armadietti o nelle loro tende di accampamento. (da Wikipedia.it).
Appendete queste biografie e questi nomi nel vostro armadietto e tenete conto che abbiamo tutto da imparare da loro…
Da ragazza praticavo un po’ di atletica. In una disciplina in particolare avevo raggiunto risultati mediocri, ma comunque superiori alla media. Durante le gare però i talent scout mi ignoravano bellamente, indipendentemente dal risultato, per una motivazione non banale. Ero bassa, troppo bassa per diventare qualcuno in quello specifico sport. E così mi sono convinta (fortunatamente solo in quel settore della mia vita) di non essere adatta. Io sono alta 1,63 esattamente come Jasmine Paolini che si è letteralmente mangiata questo iniziale “svantaggio” grazie al suo enorme talento. Quando Jasmine ha iniziato a vincere ho capito che avevo prestato troppa attenzione ai miei limiti e non a quanto la mia passione e il duro lavoro avrebbero potuto fare la differenza. In sostanza avevo mollato, focalizzandomi sui miei punti di debolezza e dimenticando l’importanza dei miei punti di forza. Ora immaginate di essere una ragazza nata nel 1968 in Inghilterra da genitori nigeriani. Immaginate anche di essere dislessici. Aggiungete, se questo non fosse sufficiente di aver cambiato per 13 volte scuola a causa di spostamenti familiari e della vostra dislessia. Avete immaginato tutto questo? Se l’avete fatto capirete anche quanto l’ultimo banco, quello delle cause perse, possa essere stato per lungo tempo il vostro posto fisso, il posto giusto per “una bambina nera stupida”. Se siete arrivati fino a qui vi chiedo di fermarvi e di immaginare il futuro di questa ragazza. Cosa sta facendo ora?
Quella che vi ho raccontato è la storia di Maggie Aderin-Pocock, una scienziata e divulgatrice spaziale straordinaria. Laureata in fisica e con un dottorato di ricerca in Ingegneria Meccanica all’Imperial College di Londra, ha già di per sé infranto stereotipi obsoleti che vorrebbero le donne escluse dalle discipline STEM. Ma il suo contributo va ben oltre. La sua carriera scientifica l’ha vista protagonista nello sviluppo di tecnologie ottiche per la difesa e l’osservazione terrestre, e soprattutto nella progettazione di strumenti cruciali per l’esplorazione spaziale. Tra i suoi progetti di punta, spiccano i sistemi per il telescopio Aeolus dell’Agenzia Spaziale Europea, destinato a mappare i venti terrestri dallo spazio, e il suo contributo allo sviluppo di strumenti per il telescopio spaziale James Webb, una pietra miliare dell’astronomia contemporanea. Non è finita qui, non dimentichiamo la dislessia che Maggie Aderin-Pocock descrive in questo modo “Il mio pensiero dislessico non mi ha portato a pensare fuori dagli schemi, ma fuori dal pianeta!”. Un messaggio fondamentale per chi vive questa condizione e ancor più importante per educatori che la incontrano. A questi educatori rivolgo queste sue parole “Penso che alcune persone siano i pionieri, le persone che guardino oltre l’orizzonte e si chiedano cosa c’è. E penso che questa sia decisamente una caratteristica dislessica, e penso che ne abbiamo bisogno di più. E abbiamo bisogno di persone diverse, con caratteri diversi, e persone che lavorano insieme”.
Maggie Aderin-Pocock, ha deciso di fare qualcosa di più e di ispirare le nuove generazioni perché la scienza non è un sapere da custodire, ma una meraviglia da condividere. La sua attività di divulgazione nasce da una convinzione profonda: la conoscenza deve essere accessibile, inclusiva e appassionante. Dal 2014 è volto fisso della trasmissione The Sky at Night sulla BBC, uno dei programmi di astronomia più longevi della storia televisiva, attraverso il quale ha portato milioni di persone a scoprire l’Universo con parole semplici e coinvolgenti. Ma la sua voce arriva soprattutto dove ce n’è più bisogno: nelle scuole, nei quartieri, tra chi non si è mai sentito “abbastanza” per la scienza. Con la sua impresa Science Innovation Ltd., incontra ogni anno migliaia di studenti, raccontando la fisica, l’ingegneria e lo spazio con laboratori pratici e incontri diretti. Il suo obiettivo? Smontare lo stereotipo che vuole la scienza distante, difficile o “non per tutti”. Maggie ci mostra che la scienza può essere viva, concreta e – soprattutto – può parlare la lingua delle emozioni, della curiosità e della possibilità.
Maggie Aderin-Pocock è molto più di un’eccellenza scientifica: è una testimonianza vivente di quanto la scienza possa essere strumento di emancipazione, cambiamento e bellezza. In un’epoca in cui è urgente ispirare nuove generazioni, la sua voce è chiara: si può essere competenti e gentili, visionari e accessibili, tecnici e umani e non in ultimo generosi!
Non male per una bambina seduta all’ultimo banco.