L’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti sta sconvolgendo il nostro modo di guardare alla nostra Europa. L’approccio della nuova Amministrazione USA alla politica internazionale è preciso e – ahinoi! – pericoloso per l’Europa. I segnali delle scorse settimane – dalla politica dei dazi, alla guerra in Ucraina e al problema palestinese – indicano un preciso approccio di Trump alle relazioni con gli altri soggetti politici della Terra. Trump vuole discutere e spartire ruoli e sfere di influenza con la Russia di Putin, e, forse, con la Cina di Xi Jinping (privilegia Putin come possibile alleato, Xi Jinping come “concorrente” da “contenere”).
Il Canada, secondo Trump, deve addirittura votare la propria ‘annessione’ agli USA, l’America Latina deve diventare un insieme di Stati ‘satelliti’, l’Europa deve essere ridotta possibilmente ad un inutile ‘ammasso’ di stati sovranisti e contrari all’Europa unita e, quindi, diventare un continente debole e da depredare. In questo modo Trump rischia di tranciare quel patto profondo e non scritto che ha legato l’Europa e gli Stati Uniti dalla Seconda Guerra mondiale. Il sacrificio di tanti giovani soldati americani ci consentì di sconfiggere l’orrore del Nazismo e del suo ridicolo alleato Fascista. Europa ed America sono legati da questo patto non scritto, di cui Roosevelt, Churchill, De Gaulle furono protagonisti, assieme alle centinaia di migliaia di giovani soldati che persero la vita per onorare questo patto. Rompere questo patto è la più grave colpa che un Presidente degli Stati Uniti possa assumersi.
Per quanto ci faccia un po’ schifo questa modalità di pensare alla politica internazionale come un incontro-scontro tra potenze economico-militari che si dividono il mondo (e i popoli), dobbiamo, però, considerare con oggettività la nostra condizione di europei: tanti stati, tanti sistemi fiscali diversi, tanta inutile concorrenza ed una Unione Europea che ancora non è una Nazione, cioè lo Stato sovrano di un grande ed importante continente, fatto di antiche civiltà, di storia, di conquiste politiche e sociali, di cultura, di scienza e di progresso e, soprattutto, di democrazia e libertà.
Ecco: con la lentezza dei nostri processi politici e con la presunzione di chi pensa che senza di noi il mondo non vada avanti, ci troviamo oggi come un uomo che si trova nella savana, davanti alla bocca spalancata e dal pessimo alito di un predatore che vuole mangiarlo. E dopo di lui, mangiare un altro più lontano e poi un altro ancora ed un altro ancora… Cosa può fare un uomo in una situazione così? Prendere consapevolezza di essere un Uomo, della sua Storia, delle sue capacità tecniche ed economiche, della sua “socialità”, delle sue armi. E chiamare subito a raccolta gli altri Uomini, lasciando perdere le paure, i dissidi, l’invidia e l’interesse particolare, ed affrontare assieme la ‘belva’.
Per farlo, ci vuole lucidità, coraggio, capacità ed etica. Perché il mondo di minacce e baratti che propone Trump è un mondo senza etica, dove vince il più forte e dove non c’è pietà per i deboli. Ci inchineremo davanti a questo splendido esempio di immoralità politica? No, l’Europa ha dei doveri verso i propri cittadini e verso la Storia umana. Noi siamo qui per questo. Non solo per vivere la nostra vita e – prima o poi – morire. Siamo qui per prolungare un lungo, difficile, contraddittorio percorso per migliorare la vita degli esseri umani di oggi e di quelli che verranno.
E noi Italiani dobbiamo essere coscienti dei nostri doveri che ci derivano anche dalla nostra grande storia. Ce lo ricorda con vigore e saggezza il Presidente Mattarella, un uomo di cui andiamo fieri. Ci spinge in questa direzione Mario Draghi, un altro uomo che ci viene invidiato in Europa e nel mondo. Lo capiscono i nostri migliori giovani, che si sentono Europei quando l’Europa ancora non è uno Stato. Facciamo, dunque, l’Europa, l’Europa dei princìpi etici e della forza culturale e scientifica.