Nel primo decennio del XX° secolo tre fratelli di una famiglia di calzolai del Sud, decisero di cercare fortuna. E, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, si imbarcarono sui piroscafi che da Napoli raggiungevano New York. Questi tre fratelli si chiamavano Vincenzo, Enrico ed Emilio. Proprio come me ed i miei fratelli. Gli altri due rimasero per sempre a fare i calzolai a New York, mentre mio nonno Vincenzo tornò, dopo pochi mesi, a casa, dove lo aspettava l’amore della sua vita: mia nonna Angiolina. E’ un caso che io sia italiano e non americano.
Da luglio 1941 a luglio 1943, con alcune pause, mio padre partecipa alle operazioni militari italo-tedesche in Africa Settentrionale, fino alla presa di Agedabia. Dopo una pausa a casa, viene spedito a difendere la Sicilia, per respingere i soldati Alleati sul “bagnasciuga” (qualcuno ricorda il famoso discorso di Mussolini sul “bagnasciuga”? Che figuraccia…). Mio padre, fa l’ufficiale a Cefalù. Gli Alleati sbarcano, però, a sud della Sicilia. E, quando arrivano a Cefalù, lo fanno prigioniero. Lo fa prigioniero un reparto militare degli Stati Uniti. Mio padre – anche a fronte delle balle che Mussolini aveva raccontato ai giovani italiani – capì che l’America non ci aveva sconfitti. Ci aveva salvati. E, quindi, decise di fare il prigioniero collaboratore e seguire l’esercito americano che risaliva la costa tirrenica da Cefalù a Livorno. In quei due anni, quel giovane, longilineo ed asciutto, ingrassò: l’esercito USA aveva tutto, anche per far ingrassare i prigionieri. Da allora, mio padre ci ha insegnato ad amare gli Stati Uniti, cosa che, a volte, ammetto di non avere fatto: soprattutto ai tempi di Nixon e del “pacifista” Kissinger e della loro predilezione per le bugie e per i colpi di stato sanguinosi.
Quando i rivoluzionari americani combatterono per rendere indipendenti i territori del Nord America dall’Impero britannico e creare gli Stati Uniti, Thomas Jefferson e John Adams si rivolsero ad un cenacolo parigino che comprendeva tra i più bei nomi della cultura francese, (Mirabeau, Condorcet, Guillotin, Voltaire, Benjamin Franklin ed anche il musicista italiano Antonio Piccinni), che incaricò Benjamin Franklin di recarsi in America per contribuire a scrivere la Costituzione americana, la prima Costituzione democratica moderna.
Come possiamo notare, il dare ed avere tra gli Stati Uniti d’America e l’Europa è stato costante e reciproco, tanto da farci ritenere che l’Europa e gli Stati Uniti siano indivisibili nel loro futuro storico: filosofi ed emigranti, guerre contro il totalitarismo, le decine di migliaia di americani morti sulle spiagge della Normandia e sulle colline italiane, così come il sacrificio di chi ha raggiunto il Nuovo Mondo avendo opportunità e creandone, la solidarietà politica contro le dittature comuniste dopo quella contro le dittature nazi-fasciste. Come si fa a non tenerne conto? Come possiamo vivere senza un senso di vuoto improvviso, noi europei, il distacco che comporterebbe? Come possono viverlo cittadini che vivono là, che hanno il nostro sangue, la nostra storia, i nostri cognomi scritti nel loro documento d’identità e nei loro tratti somatici?
Di questo, Trump e la corte dei miracoli che ha creato attorno a sé, come possono, invece, non rendersene conto? E come possono pensare che le minacce contro di noi, esseri umani liberi e orgogliosi della nostra cultura e della nostra democrazia, non lascino un segno indelebile nei nostri cuori e nelle nostre menti?
Chiedere lo sfruttamento delle cosiddette “terre rare” ai poveri, ma dignitosi Ucraini (già martoriati dall’aggressione della Russia di Putin), in cambio di quello che più che un aiuto all’Ucraina, è stato un investimento nella difesa del mondo libero, cos’è, se non un tentativo di vergognoso strozzinaggio o di altrettanto vergognoso sciacallaggio?
E minacciare di occupare la Groenlandia, mandandoci in visita privata un evidente caso di disturbato mentale, che senso ha?
E l’applicazione ricattatoria di prodotti provenienti da Paesi poco “allineati”, cos’è, se non un colpo formidabile alla stabilità economica e politica mondiale, già minacciata fortemente da Putin e alle prese con cambiamenti climatici e doverose politiche per la crescita dei Paesi più poveri? Con i “dazi”, Trump è riuscito a far fare un’immediata trattativa per un accordo difensivo verso i prodotti statunitensi a Cina, Giappone e Corea del Sud, Paesi con orientamenti in politica internazionale molto diversi.
Si può offendere un popolo civile e libero, come il popolo canadese, con l’invito minaccioso a diventare il cinquantunesimo stato degli USA, quasi rivendicando “diritti” su un Paese che, tra l’altro, ha una superficie di 598.000 km2 superiore a quella dell’insieme degli Stati Uniti, Alaska compresa?
Si può offendere il popolo palestinese, che soffre a Gaza per le distruzioni fatte da Israele – e causate da Hamas – prospettandogli una nuova “migrazione” in Egitto e mostrando, con dei depliant da quattro soldi, come si potrebbe fare della striscia di Gaza una nuova riviera romagnola?
Noi europei saremo sempre grati a Roosevelt, Churchill e De Gaulle per aver resistito alla follia del nazismo e averci consentito di vivere nel continente più libero e progredito del mondo (o, “sovranisticamente”, dovremmo forse ringraziare Mussolini per i guai in cui ci aveva messo?). E saremo sempre grati a Gorbačëv per aver restituito la libertà al suo popolo ed agli altri popoli dell’Est europeo e al Presidente americano Reagan per aver indotto questo risultato. Che l’Unione Europea diventi in fretta un unico stato nei suoi aspetti di politica economica, di politica estera e di difesa, sotto un’unica bandiera ideale: quella della Democrazia e della Libertà.
E, nella sinistra italiana, basta furbette/i: abbiamo di fronte un dramma, non una commedia.