“Trump fa dell’eccezione un principio e dell’accelerazione un obiettivo dei primi giorni della sua presidenza imperiale” Le Grand Continent
Nel primo giorno del suo secondo mandato, Donald Trump ha firmato un totale di 26 ordini esecutivi (ne aveva promessi 100), comunque notevolmente di più rispetto al suo primo mandato (solo uno). Biden, nel 2021, ne ha firmati 9 durante il suo primo giorno alla Casa Bianca.
Dallo stato di emergenza, che prevede di inviare l’esercito al confine tra Stati Uniti e Messico, alla eliminazione dello Ius Soli (incostituzionale); dalle iniziative anti gender e di diversità (eliminazione dell’opzione transessuale), alla grazia fornita a centinai di condannati per i fatti della rivolta del 6 gennaio al Capitol Hill; dal tema sull’energia e ambiente a proposito del quale Trump ha intenzione di sviluppare trivellazioni per la ricerca del petrolio e del gas (ritirandosi dagli accordi di Parigi ), al ripristino della pena di morte; con questi 26 ordini esecutivi Trump annuncia il colore di cui sarà dipinto il secondo mandato appena iniziato .
Quello che è certa è l’intenzione di Trump di stabilire rapporti bilaterali con i paesi alleati e non: insomma, “divide et impera”.
Il vecchio dirigente socialista, Rino Formica, su La Stampa del 14 gennaio ha affermato: ”Ecco quello che vuole Trump: una combine momentanea di interessi. La condivisione politica ed istituzionale tra alleati non interessa più: ecco la vera novità, ma non è poco”.
A questo punto è facile immaginare la struttura di controllo che Trump ha in mente relativamente alle relazioni coi paesi stranieri. La struttura è fatta a forma di elisse dove la base, più larga, e più lontana dal centro dell’impero. A mano a mano che si sale, la elisse si restringe più vicino al centro dell’impero. I gironi della elisse rappresentano i Paesi più o meno vicini al centro dell’impero.
La logica della struttura di controllo a forma di elisse che Trump vorrebbe stabilire è “quella dei due pesi e due misure”. Ai Paesi che fanno parte del “cerchio magico “, cioè quei Paesi che fanno parte dei gironi in cima alla elisse, impone negoziati sul piano economico, finanziario, commerciale (tariffe) e sui servizi. A quei Paesi che stanno nei gironi più lontani, impone una logica di forza.
Perché queste relazioni sono di soccombenza/sudditanza? Perché non si è mai certi delle volontà dell’imperatore, di solito tali relazioni sono soggette a cambiamenti improvvisi di opinione.
Claudio Cerasa (il Foglio del 15 gennaio) descrive la situazione: ”Ingerenze diverse, obiettivi simmetrici. Il prossimo presidente americano, il patron di Tesla e Space X e il leader del Cremlino hanno un unico disegno coerente: lavorare ai fianchi l’Ue per renderla più vulnerabile…”
La relazione tra Trump e Meloni
Giorgia Meloni l’unico leader dei paesi europei presente all’insediamento di Trump. Il 4 gennaio 2025 Meloni ha fatto un viaggio sorpresa per andare a trovare Trump con l’esito che conosciamo.
A questo punto è necessario che io faccia una parentesi. L’oggetto in discussione non è il successo della liberazione di Cecilia Sala e tantomeno discutere il fatto se il prezzo pagato è troppo elevato e se fosse stato opportuno agire in modo diverso. Il nostro Paese è stato – e secondo me lo è tutt’ora – in una situazione di estrema difficoltà.
ll viaggio è stato fatto per chiedere “un favore“. In politica, però, non esistono favori, ma solo monete di scambio da pagare. Questo è il nodo della questione: la politica estera del nostro Paese deve sapere costruire una forte integrazione a livello europeo o essere succube della prima forza imperiale? In altre parole, la maggior integrazione europea si raggiunge devolvendo sovranità del proprio Paese alla sovranità dell’Unione europea: questo cammino è fatto tra partners europei fra cui ci sono innumerevoli trattati che dal ‘51 ad oggi hanno regolamentato la convivenza, unendo Paesi diversi ma con rispetto reciproco. Il mostrarsi succubi, invece, vuol dire che una nazione è suddita, perdendo lentamente il controllo sulla sua sovranità.
Fatti, non narrazioni
Che fine ha fatto il ‘Piano Mattei’? E che dire sulla politica dell’immigrazione? Il progetto albanese sì è rivelato un buco finanziario prima ancora che una farsa politica. Che dire a proposito della riforma del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che l’Italia deve ancora firmare, sola fra tutti i paesi membri dell’UE? Il governo Meloni ha una sola certezza: la línea “pan-penalista”: non c’è decreto approvato dal governo che non abbia previsto un aumento di reati e/o un aumento delle pene. Per il resto, il governo Meloni ha temporeggiato, ha approvato provvedimenti transitori da un anno all’altro, lasciando il Paese in una sorta di precarietà permanente, mentre la produttività di sistema e i salari rimangono bloccati da oltre 30 anni. La notizia positiva del primo voto sulla separazione delle carriere tra PM e magistratura giudicante (ma il cammino è ancora lungo per mettere la parola fine a questo provvedimento che richiederà probabilmente un referendum confermativo) non modifica la valutazione sul comportamento politico del Governo.
Si può dire che Meloni agisce soltanto tatticamente. La sua azione è di breve durata, all’insegna “dell’arte di arrangiarsi”, e non è assolutamente coerente con una visione di lungo periodo del Paese che governa.
Le ambiguità europeiste
Prima delle elezioni europee ho avuto occasione di dire che l’ammiccamento tra Meloni e Ursula von der Leyen a proposito del progetto albanese rappresentava il “cavallo di Troia” della disaggregazione dell’UE. Mai previsione fu così reale. Il 18 luglio Fratelli d’Italia ha votato contro Ursula von der Leyen a Presidente della Commissione che, comunque, ha ottenuto la maggioranza con 401 voti.
Il 27 novembre Fratelli d’Italia ha votato a favore del collegio dei commissari con il PD e i socialisti spagnoli (ultimo atto del naufragio della sinistra europea), cosa che Meloni escluse tassativamente durante la campagna elettorale per le elezioni europee, come ho spiegato nel mio articolo del mese scorso. Sta di fatto che gli ammiccamenti e i giochi tattici di Meloni, Ursula von der Leyen e Manfred Weber sono concausa della disaggregazione dell’UE e della sua impotenza di fronte agli attacchi che sta subendo. Angelo Panebianco, infatti, si chiede sul Corriere della Sera del 16 gennaio: “Però resta inevasa una domanda: è pensabile che possa nascere una difesa europea senza alcuni, cruciali cambiamenti politici?”
Le conseguenze dei giochi tattici
Giorgia rischia di fare lo stesso errore di Conte quando firmò il Memorandum d’intesa con la Cina relativo alla Via della Seta, accordo in realtà più politico che commerciale. D’altronde Giorgia era in disaccordo e fu chiamata a modificarlo. Orbene, Giorgia rischia di fare lo stesso errore con interlocutori diversi: Trump e Musk.
”Oggi in America sta prendendo forma un’oligarchia dotata di estrema ricchezza, potere e influenza che minaccia l’intera democrazia. i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali”.
Lo ha scritto Joe Biden. Le oligarchie, però, “usano” i loro sostenitori fino a che servono. E’ significativo che Meloni sia stata il solo leader europeo ad essere presente all’insediamento di Trump il 20 gennaio. Ma è normale andare ad una festa dove i familiari più stretti non vengono invitati? Francia, Germania, Regno Unito, Spagna… Altro che Unione Europea…
Alcuni esperti di questioni europee, alcuni mesi fa, dissero che se i paesi membri dell’UE non prenderanno la via dell’integrazione (anche a tappe forzate) si ridurranno a mendicare la protezione del primo tiranno/oligarca/dittatore/imperatore sulla piazza. Ebbene, Meloni ha due scelte possibili: o devolvere pezzi di sovranità concordati all’Unione europea o essere succube/suddita delle scelte dell’imperatore.
Sabino Cassese, sul Corriere della Sera del 20 gennaio, fa la seguente analisi: “Questa inedita asimmetria tra gli Stati deboli e i poteri privati forti ha prodotto un risultato benefico, perché ha spinto i primi a coalizzarsi, cercando di stabilire alcune regole del gioco, anche se il mondo multipolare dei governi nazionali fatica a decidere congiuntamente, a livello globale. Ed è questo il punto al quale siamo”.
Bruxelles non ha bisogno di intermediari tra Trump e l’UE (la narrazione preferita dei collaboratori più stretti di Meloni e ahimè anche di alcuni media). Di fatto il nostro Presidente del Consiglio ha dimostrato poca sensibilità di fronte al fatto che bisogna ancora capire quale sarà il comportamento di Trump di fronte all’Ucraina e sui dazi minacciati da Trump anche sui prodotti europei ed italiani (per citare solo due esempi). Poca sensibilità, nel senso che gli altri leader europei hanno scelto di non essere presenti perché inopportuno per la ragione suddetta. La verità è che Meloni ha voluto fare la corsa per entrare nel cerchio magico dell’”imperatore”, trascurando, assolutamente, che l’UE ha un proprio sistema, pur imperfetto, di funzionamento, con responsabili per ogni settore dell’economia e della azione politica. E, quindi, l’esito delle posizioni dei populisti e dei sovranisti sarà paradossalmente essere sudditi dell’imperatore: altro che “sovranismo”.