George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair, fu un giornalista, scrittore, attivista politico e critico letterario britannico. Nel 1936 prese parte alla guerra civile spagnola, dalla parte dei repubblicani, contro la Falange franchista. Scoprì, poco alla volta, che quella parte di forze repubblicane legate alla Unione Sovietica di Stalin erano più occupate a colpire le altre forze repubblicane che l’esercito franchista. Da questa esperienza – e dalla conoscenza diretta sia del fascismo spagnolo della Falange, sia del comportamento dei comunisti filosovietici che combattevano nello schieramento repubblicano – comprese come le dittature, anche apparentemente opposte, usassero analoghi meccanismi di stravolgimento strumentale della realtà dei fatti e di oppressione del dissenso. E da lì prese forma il suo più celebre romanzo, 1984, pubblicato nel 1948. Nel 1950, questo grande libro di un giornalista amante della verità dei fatti, schierato politicamente dalla parte dei più deboli e coraggioso combattente per la libertà dei popoli, fu stroncato senza pietà, oltre che da Italo Calvino, da Roderigo di Castiglia sulle pagine della rivista del Partito Comunista Italiano, “Rinascita”. Roderigo di Castiglia ero, come noto, lo pseudonimo usato da Palmiro Togliatti.
Ma qual era la frase di questo grande romanzo che deve aver mandato in bestia Togliatti? Noi crediamo che sia stata quella che abbiamo scelto per spiegare le ragioni per cui nasce questa rivista. Il protagonista di 1984 scrive sul suo diario questa frase: “La libertà è innanzitutto la libertà di dire che due più due fa quattro. Da questo ne discende tutto il resto.” Questa frase, gli costa, una volta impossessatisi del diario medesimo i poliziotti del regime, una feroce serie di persecuzioni e torture, finalizzate a fargli dire che due più due fa solo quello che vogliono loro, gli esponenti della dittatura.
Togliatti, dunque, interpretava il ruolo del giornalista falsificando la realtà (che lui conosceva molto bene fin da allora). Orwell, invece, era uno che la verità la andava a cercare ed a descrivere per come era. Questi due modi di fare informazione sono in antitesi. Informare obbliga a dire che due più due fa quattro. Disinformare porta a dire che due più due può fare qualsiasi altra somma.
Se un servizio vuole rendere ai lettori questa rivista, è quello di difendere la realtà dei fatti, consentendo la diversità delle opinioni ma non la diffusione delle falsità.
Ci sentiamo anche – in questo mondo sempre più “apatico” verso la democrazia – di spiegare con convinzione le ragioni per cui la democrazia liberale è la forma più evoluta di società creata dagli esseri umani nella loro storia. La democrazia liberale – basata, cioè, non solo sul voto popolare, ma sulle libertà civili che consentono ai cittadini di esercitare il voto in una condizione di libertà e di informazione corretta – è davvero la forma più evoluta e più proficua di sistema politico della storia.
In genere, i Paesi democratici hanno più benessere dei sistemi totalitari o di democrazia autoritaria, che producono povertà per i tanti e ricchezza per i pochi oligarchi. La ricerca scientifica procede più liberamente e, quindi, più celermente. Generalmente l’aspettativa di vita degli esseri umani in questi Paesi è più alta. L’istruzione per i giovani è migliore, perché più libera. La cultura è più viva, perché non è compressa dal potere politico illiberale. La ricerca scientifica è più sviluppata e combatte con più successo le malattie. I Paesi dove vige la democrazia e le libertà sono oramai restii ad intraprendere guerre, se non quelle difensive dovute ad attacchi di Paesi dittatoriali ed autoritari. La vita dei giovani consente di girare il mondo senza barriere tra i Paesi liberi. La cultura è più vivace nella libertà di quanto lo possa essere nei sistemi autoritari. In questi Paesi, religioni diverse possono convivere e non combattersi e la gente può vivere nel rispetto reciproco del credo altrui.
Infiniti sono i vantaggi che la democrazia liberale ha prodotto nel mondo dove è riuscita ad affermarsi. Chi non ne è convinto, può liberamente trasferirsi nella Russia di Putin, in Cina, in Iran e decidere liberamente se fermarsi a vivere lì o tornare rapidamente in Italia…
Il mondo, però, è sempre più “affollato”, complicato, con una maggiore possibilità di comunicare che, però, si presta facilmente alla disinformazione, con una maggiore insicurezza dovuta all’ampliarsi dei fenomeni migratori, con una perdita di autorevolezza del sistema educativo pubblico, sopraffatto dai media e indebolito dall’idea che bambini ed adolescenti siano “proprietà” dei genitori e non anche futuri cittadini consapevoli. Le democrazie liberali non sono sistemi “perfetti” ed immobili, ma sono sistemi “in movimento”. L’adeguamento delle politiche di questi sistemi deve essere costante e l’ampliamento di sistemi democratici liberali deve superare in fretta la dimensione storica “nazionale”. Ci attende presto l’Europa, una Europa politica e davvero unita. E ci attende anche una necessaria dimensione di penetrazione della democrazia nei sistemi autoritari. O la democrazia amplia i suoi confini o rischia di venire sopraffatta: i “sovranisti”, le “democrazie autoritarie” (che non sono democrazie), i sistemi illiberali, propongono soluzioni “semplici” e, quindi, hanno una indubbia capacità ingannevole. Le democrazie devono attrezzarsi per sopravvivere agli attacchi che riceveranno in misura sempre più massiccia. Per questo, la selezione del personale politico delle democrazie deve privilegiare l’etica e la competenza.
Infine, la democrazia liberale ha bisogno di una società in cui la forbice tra ricchezza estrema e povertà deve ridursi di molto. Le ricchezze private devono servire anche a dare servizi alla società e politiche di sostegno ai più poveri ed ai più deboli. Nessuna vera società democratica vive a lungo con una massa di cittadini che sopravvive di stenti di fronte ai lussi sfrenati di una minoranza straricca. I grandi “liberali” come Luigi Einaudi, primo Presidente della nostra Repubblica, lo avevano bene in mente. Le socialdemocrazie europee lo hanno avuto ugualmente presente. I partiti popolari di ispirazione cristiana, pure. Ne consegue che, su questi principi, le forze politiche onestamente democratiche devono collaborare il più possibile.
Infine, vogliamo dare un piccolo contributo alla nostra civiltà, creando e diffondendo cultura e proponendo una società che tira per le orecchie giovani e meno giovani che vivono “appiccicati” alla disinformazione che spesso si diffonde nelle chat e nei social. Il mito del cosiddetto “influencer” va smascherato e va offerta alle nuove generazioni l’idea che i soldi ed il successo si ottengono con l’intelligenza, lo studio ed il sacrificio, non con il numero di followers. E che di Elon Musk ce n’è solo uno e, guardiamoci bene, sarà anche un genio in alcune cose, ma non sembra nemmeno tanto intelligente sugli aspetti importanti della vita.